La gastronomia siciliana è probabilmente la più antica d’Italia , è forse
la più ricca di specialità, certo è la più scenografica. Persino il piatto più
italiano che ci sia, la pasta asciutta, ebbe nell’isola del sole la sua culla,
al tempo della dominazione araba. Il nome più antico era “maccarunne”, da “maccare”
cioè schiacciare (il grano evidentemente) per impastare.
Ai tempi della raffinatissima civiltà della Magna Grecia in Sicilia,
fiorita all’incirca quattro secoli prima di Cristo, la cucina era già tenuta in
gran conto: il cuoco Trimalcione, nativo di Siracusa o
di Gela, divenne così famoso per la sua abilità, da essere conteso in tutto il
mondo gredo.
Il primo libro di cucina siciliana della storia risale ad un antico
trattato “Il cuoco siciliano” scritto da un certo Miteco di
Siracusa; ci fu persino un tale Labduco, siciliano anch’egli, che aprì una
scuola alberghiera.
Un altro record è quello delle svariatissime influenze che sulla
gastronomia siciliana vennero sovrapponendosi:Greci, Romani, Arabi, Normanni, Angioini,Aragonesi, Spagnoli e Inglesi, popoli provenienti dalle più
lontane contrade portarono nell’isola del sole usanze e ingredienti che si
innestarono, fondendosi senza difficoltà, sulle tradizioni locali.
La cucina siciliana esiste e resiste nelle famiglie tramandata dalle abili
mani delle donne, cui da sempre è affidato il compito di preparare, cuocere,
servire. Non già di acquistare; di questo si occupa di solito l’uomo di casa.
La donna infatti resta fra le mura domestiche e la giornata appena le basta per
preparare tutto quanto è necessario al pranzo e alla cena , ricchi di piatti
elaborati.
Per finire, la caratteristica fondamentale della cucina siciliana è il
fatto che uno stesso piatto può essere preparato in una versione più ricca è
una più modesta. Si parte cioè da una base semplice, che poi viene arricchita
di ingredienti e sapori complementari.